La mobilità sostenibile nella fase 2

La mobilità sostenibile nella fase 2

L’intervista alla presidente di Cleanap, Emiliana Mellone

La prima settimana della fase 2 ha mostrato molte lacune nel trasporto pubblico locale. Alcune città e province sono andate più in difficoltà di altre. Tra queste Napoli. Anche per questo il dibattito legato alla mobilità sostenibile è tornato in auge. Proprio a Napoli cinque anni fa l’associazione Cleanap ha portato avanti un progetto sperimentale di bike sharing. Abbiamo chiesto alla presidente, Emiliana Mellone, un punto di vista sulla situazione attuale.

Quale può essere il ruolo della mobilità sostenibile nel post Covid?
«Come tutti i momenti di grande crisi, crediamo che nel post Covid o meglio nella fase di convivenza con i virus, ci possano essere delle opportunità per Immaginare nuovi modelli. Proporre soluzioni e attuarle in modo più veloce. Sicuramente uno dei settori più critici è quello della mobilità, per cui, come abbiamo anche scritto nel nostro blog, siamo tra quelli che colgono quest’occasione per sottolineare l’impellente necessità di ripensare a come ci spostiamo. Dal nostro punto di vista, faremo tutto ciò che ci compete per lavorare insieme e influenzare positivamente i policy makers nell’adozione di una nuova mobilità verde: favorire e facilitare l’utilizzo di mezzi individuali, ma leggeri, bici muscolari o elettrici attraverso incentivi e campagne comunicazione mirate (usare, magari i buoni di mobilità previsti dal decreto Clima di dicembre 2019?). Per fare ciò è indispensabile rivedere i piani del traffico cittadini: più persone in bici e percorsi ciclabili nuovi, magari anche evidenziati attraverso un lavoro in crowdsourcing. Abbiamo, in questa fase, sottoscritto e firmato l’appello dei colleghi di Push, Per dare un futuro al trasporto pubblico serve coraggio e siamo a disposizione per lavorare sui temi e servizi innovativi delle politiche urbane. Tra parentesi, secondo vari studi  e articoli, c’è una correlazione tra l’esposizione a Pm e probabilità che il sistema respiratorio sia predisposto ad una malattia più grave, per cui la mobilità verde è una scelta ideale, sia per questo motivo sia per  il rispetto delle distanze di sicurezza».

In Italia il 44,3% degli spostamenti lavorativi avvengono da fuori comune. Pensa dunque che il servizio di bike sharing dovrebbe essere integrato con quello ferroviario e dei bus?
«La mobilità deve essere costitutivamente progettata in modo sistemico e intermodale, i sistemi di bike sharing – in generale – lo sono perché si propongono di coprire il cosiddetto “ultimo miglio”, tema su cui  vi invitiamo a leggere il report dell’European Environment Agency dello scorso anno. In estrema sintesi, l’integrazione tra i diversi mezzi di mobilità deve essere assicurata, ecco perché sviluppare ed implementare servizi ad hoc utili a coprire i brevi tragitti significa migliorare la mobilità urbana e, parallelamente, anche la qualità di vita di tutti i cittadini (meno traffico e migliore qualità dell’aria)».

Ieri avete pubblicato un contenuto sul vostro sito dal titolo Mobilità SOStenibile: visione duratura e sistemica cercasi. Qual è la vostra speranza?
«Esattamente i temi di cui si sta trattando: lanciare un appello per la rigenerazione ambientale delle nostre città. Continuare a ribadire la necessità di una visione sistemica di mobilità, in ottica sostenibile ed ecologica, approfittare di questo momento di crisi per rivedere le priorità, ridisegnarle insieme ai portatori di interesse (cittadini, associazioni, etc) ed attuare politiche che incentivano l’utilizzo di mezzi alternativi ed ecologici. Parallelamente vogliamo lavorare anche per incentivare il verde nelle nostre città, lavorare con i Comuni per una gestione del verde urbano e una pianificazione sostenibile, per creare una nuova visione di equilibrio tra uomo e natura, anche in aree fortemente urbanizzate. Orti urbani di quartiere o scolastici, giardini verticali (o orizzontali, ma sui terrazzi). Ripensare gli Habitat urbani, come molte città stanno facendo, vedi Madrid».

Nonostante sia arrivato da più parti l’invito ad utilizzare un servizio di bike sharing per la fase 2 e il futuro post emergenza, c’è chi dice che a Napoli è un esperimento già fatto che non ha funzionato bene. Cosa rispondete?
«A Napoli l’unico tentativo di bike sharing, in versione limitata a 10 stazioni, quindi pilota e sperimentale è stato fatto da noi e ci risulta sia andato molto bene: la sperimentazione è stata aperta a cittadini e turisti tra gennaio 2015 e  settembre 2015, data di conclusione di tutti i progetti dello stesso bando Smart Cities and Communities and Social Innovation del Miur. Qui abbiamo visto  oltre 51.000 sessioni, per un tempo complessivo di 12451 ore 39 minuti: per rendere l’idea, i napoletani hanno fatto circa 3 volte il giro del mondo in bicicletta! 14614 persone ci hanno dato fiducia, si sono iscritte alla sperimentazione e la loro partecipazione (in termini di feedback, suggerimenti, criticità, risoluzione bug) è stata al di là di ogni aspettativa. Se si paragona il nostro progetto di ricerca al lavoro che fanno le multinazionali (es. vedi Jump di Uber a Roma) o le azienda di mobilità (es. BikeMi dell’Atm a Milano) si fanno degli errori a monte. Ieri abbiamo pubblicato questo post e la risposta di tantissimi è stata di supporto, ringraziamento e tanto affetto per una sperimentazione che ha funzionato, potete leggere i tanti commenti positivi sotto ai nostri post sui social e approfittiamo per ringraziare tutti. Proprio quei commenti e il supporto delle persone ci motivano ogni giorno a rivendicare queste tematiche importanti e non smettere mai di avere la speranza di tornare a pedalare, a prescindere dalla nostra esperienza pilota con il progetto Bike Sharing Napoli che speriamo – però – non vada persa».

Ciro Oliviero

Redazione
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