Carcere, la salute dei detenuti

Carcere, la salute dei detenuti

L’intervista all’ex magistrato e garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto

La situazione carceraria è esplosiva in tutta Italia. I fatti di Santa Maria Capua Vetere raccontati dal quotidiano Domani non sono unici nel loro genere. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha ulteriormente aggravato la situazione, soprattutto sotto il piano sanitario. Sulla salute il carcere è speculare al Paese. Per questo è necessario rivedere il modello di erogazione delle attività sanitarie all’interno delle carceri. Molte prestazioni – come esami invasivi, sedazione venosa – non possono essere erogate dentro gli istituti di pena. Per questo il presidente della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria, Luciano Lucania, ha proposto la creazione di reparti di medicina protetta all’interno degli ospedali, con una sicurezza di tipo detentivo.

«Sono stato da sempre un fermo sostenitore della necessità che in ogni regione ci sia almeno un reparto ospedaliero penitenziario», dichiara a dalSociale24 l’ex magistrato e garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto racconta l’esperienza positiva milanese. «Nell’ospedale San Paolo è stato attrezzato ormai dagli anni ’90 un reparto penitenziario. Lì è stato possibile curare anche detenuti sottoposti a regimi di più stretta sorveglianza». L’istituzione di quel reparto rientrava nel protocollo tra l’allora ministro della Giustizia Diliberto e l’allora presidente della Regione Lombardia Formigoni. «È auspicabile che ci sia in ogni regione per evitare un ingente impiego di agenti della penitenziaria per i piantonamenti, per evitare l’utilizzo di mezzi trasporto, per evitare che detenuto e agenti creino problemi in un reparto dove ci sono altri pazienti non detenuti, oltre che per tutelare la riservatezza del detenuto ammalato», ha detto Maisto.

Per l’ex magistrato l’istituzione di un Osservatorio epidemiologico nazionale sulla salute in carcere «è fondamentale, perché da quando non c’è più la medicina penitenziaria ed anche per detenuti vale la disciplina del sistema sanitario si riscontra una difformità nei livelli di assistenza sul territorio nazionale, come per gli altri cittadini. Avere un osservatorio sarebbe utile a superare la superficialità con la quale si dice che ci sono molte patologie psichiatriche negli istituti di pena causa Covid, ma per le quali non c’è stata alcune rilevazione medica», ha aggiunto Maisto.

Il carcere ai tempi del Covid si caratterizza per l’alto tasso di patologie psichiatriche. Lo ha sottolineato più volte anche il ministro della Giustizia Cartabia. L’ex magistrato sottolinea che «non è possibile mettere tutti i detenuti in alcuni punti di osservazione all’interno delle carceri. Questo lo si può evitare rivedendo la normativa secondaria che riguarda sia le persone che hanno commesso reati da infermi di mente, sia quelle che hanno commesso un reato in completa imputabilità, ma la cui patologia psichiatrica è insorta successivamente. Di fronte a questo le Rems sarebbero anche adeguate, se funzionassero bene i servizi di salute mentale sul territorio. Ma questo non si verifica. Da Roma in giù il alto tasso di patologie psichiatriche è elevatissimo. Questo denota che c’è qualcosa che non funziona nel sistema dei servizi territoriali», conclude Maisto.

@ciro_oliviero



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