Due settimane fa un rapporto di Save the Children aveva evidenziato che nell’ultimo anno, in media, gli studenti di 194 Paesi hanno saltato 74 giorni di scuola. Più di un terzo. A questo si aggiunge la difficoltà, per molti, di accedere alla didattica a distanza. Con il ritorno in zona rossa di molte regioni italiane sarà ancora più complicato seguire le lezioni. Ed anche vivere momenti di inclusione. Soprattutto per alcune categorie. Come gli studenti con disabilità e quelli con bisogni educativi speciali. Ovvero 330 mila studenti.

L’ultimo dpcm prevede la possibilità della didattica in presenza per gli studenti con disabilità e bes. Sempre in virtù di quell’inclusione che non si verificherebbe ugualmente se a scuola ci sono solo questi studenti, mentre i compagni di classi seguono le lezioni da casa. In più questa possibilità non è garantita a tutti. I docenti, infatti, hanno la facoltà di scegliere se lavorare da casa. In quel caso anche gli studenti fragili sono costretti a restarci e seguire le lezioni davanti ad un pc. Per quelli di questi che hanno difficoltà a seguire in dad, causa patologie o disabilità, non ci sono disposizioni specifiche.

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In ogni caso l’inclusione non avviene. Ora ancor più dopo che la nota ministeriale del 7 marzo ha escluso dalla platea di coloro che hanno diritto alla didattica in presenza i figli del personale sanitario e degli altri genitori che lavorano in attività considerata di prima necessità. Inoltre per gli studenti fragili mancano gli insegnanti di sostegno. Docenti che, anche dove ci sono non sempre sono idonei. Secondo l’Istat il 37 per cento di essi non ha competenze specifiche.

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