Trauma migratorio: donne poco sostenute

Trauma migratorio: donne poco sostenute

Obiettivo finale del progetto Simple è la conquista dell’autonomia individuale delle vittime, a partire dall’emersione del trauma pregresso

I dati dell’Alto Commissariato dell’Unhcr riportano che nel 2020 sono state 82,4 milioni le persone costrette a fuggire in tutto il mondo a causa di persecuzioni, conflitti, violenza generalizzata o violazioni dei diritti umani. Numeri che si confermano anche quest’anno. E che, anzi, sono destinati a crescere a seguito del conflitto in Ucraina. Solo nelle prima settimane sono circa 4 milioni i rifugiati ucraini che sono scappati dal Paese. Secondo il XXVII Rapporto sulle migrazioni del 2021 dell’Isum si stima che gli stranieri che vivono stabilmente in Italia siano oltre 5 milioni e mezzo. Il 52,4 per cento sono donne. Verosimilmente in aumento con l’arrivo di cittadini ucraini, in quanto la maggior parte degli uomini devono restare per difendere il Paese.

Le donne risultano anche maggiormente colpite dal trauma migratorio. A queste si rivolge il progetto europeo Simple portato a Bologna da Antoniano, in collaborazione con l’associazione Approdi eSTePS, per fronteggiare questo complesso e poco conosciuto fenomeno che, se non valutato tempestivamente, può avere conseguenze molto importanti sulla serenità e l’integrazione dei migranti. Le due organizzazione intendono offrire un supporto concreto alle donne vittime di trauma migratorio attraverso un innovativo percorso basato sul metodo non verbale e la comunicazione illustrata. Obiettivo finale è la conquista dell’autonomia individuale delle vittime, a partire dall’emersione del trauma pregresso e attraverso uno strumento narrativo innovativo.

«Le donne che attraversano le rotte migratorie dei canali cosiddetti irregolari, secondo la nostra esperienza, sono le persone che pagano il prezzo maggiore: sono le più esposte, le meno tutelate e le meno difese», spiega lo psicologo di Approdi, Diego Manduri. «Il loro trauma spesso inizia nel paese di origine, generalmente a causa di un evento drammatico come una catastrofe ecologica, una guerra, un’epidemia, persecuzioni e difficoltà ad accedere a cibo, istruzione e salute. Una volta arrivate in Italia, secondo quanto emerge dal nostro osservatorio, oltre a vivere in prima persona il trauma del viaggio, vivono il distacco dal proprio Paese di origine e un forte cambiamento della loro vita, tendono a farsi carico anche delle difficoltà di tutto il loro nucleo familiare. Per questo abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione proprio sulle donne», ha spiegato Jasmeen Shehata, referente del progetto Simple per Antoniano.

@dalsociale24

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