Ambiente Svenduto, non basta la sentenza

Ambiente Svenduto, non basta la sentenza

Per il deputato in commissione Ambiente alla Camera, Giovanni Vianello, è necessario un cambio di passo del governo

Quella pronunciata ieri dalla Corte d’Assise di Taranto è una sentenza storica. Il tribunale ha condannato Fabio e Nicola Riva per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Accuse che gli sono costate la condanna in primo grado rispettivamente a 22 e 20 anni di carcere nel processo Ambiente Svenduto. L’accusa aveva chiesto 28 e 25 anni di reclusione per gli ex proprietari e amministratori dell’acciaieria di Taranto. Con loro risultano imputate altre 42 persone e tre società. Tra gli altri condannati in primo grado l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola e l’ex direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato. A loro il tribunale ha inflitto condanne rispettivamente di 3 anni e 6 mesi per concussione aggravata in concorso e 2 anni per favoreggiamento.

«Una sentenza molto attesa che rivela quello che a Taranto tutti conoscevano da tanto tempo, ma evidentemente non a Roma. Non soltanto è stata riconosciuta la condotta finalizzata al profitto a scapito di ambiente, salute, lavoratori, cittadini. Ciò che sconvolge – ha detto a dalSociale24 il deputato del M5S Giovanni Vianello – sono la concussione, il collegamento del mondo politico e dei tecnici in questo disastro ambientale. La Corte ha inflitto oltre 240 anni di pene a questi soggetti. Anche se fino al terzo grado c’è la presunzione di innocenza. Dispiace che il mondo politico nazionale non ne prenda atto, ma continui sulla strada della produzione a tutti i costi».

Per Vianello si tratta di una «impostazione ideologica perché da 20 anni sentiamo le stesse parole e invece si continua sulla strada della produzione senza se e senza ma nonostante danni a lavoratori e cittadini, anche età pediatrica. E lo dico da parlamentare di maggioranza. Il diritto alla salute è stato calpestato. In questi ultimi tre anni i governi non hanno agito su Ilva in maniera corretta. L’unica azione positiva è stata la rimozione dell’immunità penale. Tuttavia quella fabbrica mostruosa resta al suo posto». E pure l’Italia ha già affrontato questo tipo di problemi con impianti siderurgici. A ricordarlo è lo stesso deputato della commissione Ambiente. «L’accordo di programma per l’ex Italsider di Genova nel 2000 previde la chiusura dell’area a caldo, che è la più inquinante. I lavoratori transitarono nell’area a freddo e quelli in eccesso in altre aziende per non far perdere loro il lavoro. Quell’accordo previde però anche l’apertura di un altoforno a Taranto. La soluzione per la chiusura esiste. Lo strumento giuridico esiste. Lo hanno chiesto anche il sindaco di Taranto ed il presidente della Regione Puglia che non sono certo del mio schieramento. Il governo non può fare finta di niente perché lo chiedono anche i cittadini».

La questione Taranto era già finita in Europa. Due anni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannata l’Italia, evidenziando che i cittadini non sono stati difesi dallo Stato. Per Vianello questo incide anche sugli investimenti dei privati. «Gli investitori non vengono a Taranto se resta l’area a caldo. Rovinerebbe la loro immagine, come un antibrand che tiene lontane le persone da Taranto. Chi invece la conosce se ne innamora perché percepisce la bellezza del territorio, nonostante quello che ha distrutto l’uomo», ha detto a dalSociale24 l’esponente del M5S in commissione Ambiente alla Camera.

@ciro_oliviero


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