Coronavirus, che succede ai minori in comunità

Coronavirus, che succede ai minori in comunità

La disposizione del tribunale per i Minorenni di Napoli

L’ultimo dpcm firmato dal premier Conte prevede un blocco totale dei movimenti con poche eccezioni. Tra queste non sono state menzionati gli incontri in comunità che accolgono i minori. Per questo, «tenuto conto delle disposizioni legislative concernenti le misure urgenti per la prevenzione del contagio Covid-19», il tribunale per i Minorenni di Napoli consiglia «la sospensione degli incontri in comunità e dei rientri in famiglia fino alla cessazione del rischio sanitario».

Nella disposizione, firmata anche dalla Procura della Repubblica presso il tribunale dei Minorenni, viene sottolineata la necessità di interlocuzione con gli enti affidatari dei singoli minori. A seguito di questa comunicazione il dirigente del servizio Politiche per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di Napoli ha scritto agli assistenti sociali. Nella lettera si chiede di «concordare con le comunità le modalità con le quali informare le famiglie e i tutori dei minori».

Il presidente di Federsolidarietà Confcooperative Campania, Giovanpaolo Gaudino, dice che si tratta di «una sospensione che ha una logica. In questo momento chi gestisce le comunità ha l’ottica di salvaguardare il minore. E in aggiunta, essendo anche datori di lavoro, anche i lavoratori stessi». Non solo la reputa condivisibile, ma aggiunge che «come federazione lo avevamo chiesto scrivendo al tribunale per i Minorenni, alla procura presso il tribunale per i Minorenni ed ai Comuni».

Inoltre c’è una questione di carattere sanitario. Innanzitutto «quando i minori tornano a casa – evidenzia Gaudino – non si ha la possibilità di sapere se vengono rispettate le disposizione del dpcm. L’incontro presso le strutture non sempre permette di rispettare la distanza degli spazi, in quanto dobbiamo immaginare le case famiglia come delle abitazioni private. E di certo non si può procedere alla sanificazione dopo ogni incontro. Il minore rischierebbe di sentirsi come in una struttura sanitaria. Fermo restando che si mantengono i contatti attraverso videochiamate e telefonate».

Sulla questione è intervenuta anche la deputata Michela Rostan che si è detta «perplessa» della decisione. «Mi chiedo come sia possibile interrompere i colloqui e i rapporti tra genitori e figli che, mai come in questo settore e in questo momento, vivono di equilibri delicatissimi che vanno tutelati in ogni modo possibile. Mentre, al tempo stesso, si lasciano aperte le profumerie, i tabaccai. Un paradosso – ha aggiunto la Rostan – che non può essere in alcun modo accettabile. Si lavori piuttosto per garantire lo svolgimento dei colloqui e i rientri in famiglia in piena sicurezza. attraverso la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale, l’adozione di misure di sicurezza che sono ampiamente illustrate dal ministero per la Salute e il rispetto dei divieti formulati nel dpcm per l’emergenza coronavirus che tracciano nettamente quali siano i servizi essenziali da garantire ai cittadini. Il diritto a rimanere vicino ai propri figli rientra senza ombra di dubbio tra questi».

Ciro Oliviero

Redazione
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