Lo scorso giugno Wwf Italia aveva lanciato l’allarme dell’impennata dell’inquinamento da plastica attraverso il paper La lotta al Covid frena quella all’inquinamento da plastica. Anche se in Europa la produzione di plastica è in leggera diminuzione a partire dal 2019 i risultati attesi sono ancora ben lontani. Da gennaio di quest’anno, infatti, nonostante l’entrata in vigore della Plastic Tax la plastica è ancora troppa e non si riesce a smaltire. Tra gli oggetti usa e getta che hanno registrato un incremento esponenziale – causa pandemia – ci sono le mascherine monouso, realizzate da fibre in plastica composita. La stima del solo primo anno è di 7 miliardi di mascherine al giorno. Solo in Ue circa 900 milioni al giorno.

Dato il loro utilizzo non possono essere riciclate. Le mascherine monouso sono molto pericolose per la natura e per le specie animali, in particolare le tartarughe marine. Uno studio ha elaborato un nuovo modello per prevedere dove andranno a finire i rifiuti connessi alla pandemia non correttamente smaltiti. Non solo mascherine, ma anche guanti e camici. La maggior parte finisce nei fiumi e negli oceani. Sulle oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici associati alla pandemia, più di 25 mila tonnellate sono finite negli oceani.

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Rifiuti destinati a crescere, soprattutto in alcuni territori. In Asia, ad esempio, già responsabile dell’approdo in mare attraverso i corsi d’acqua del 73 per cento dei rifiuti plastici. I fiumi europei costituiscono l’11 per cento. Preoccupante anche la crescita di rifiuti plastici nell’oceano Artico. Secondo i ricercatori l’80 per cento dei rifiuti plastici già presenti nell’area è destinato ad affondare nel breve periodo. Ed entro il 2025 dovrebbe venire a crearsi una zona di accumulazione di plastica in quelle acque.

@rob_malfatti