Il comitato in passato ha rivolto gravi critiche alle condizioni nelle strutture italiane
Il Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa ha annunciato di non escludere una visita nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) italiani che saranno attivati in Albania. A comunicarlo sono stati il presidente Alan Mitchell e il segretario esecutivo Hugh Chetwynd nel corso della presentazione del rapporto annuale dell’organismo, con sede a Strasburgo.
«Abbiamo discusso della questione durante l’incontro con il ministro della giustizia Carlo Nordio lo scorso ottobre a Roma», ha dichiarato Mitchell, sottolineando come il CPT stia osservando con attenzione l’evolversi della situazione. «Siamo consapevoli che anche altri Paesi stanno discutendo modelli simili di esternalizzazione dei centri di rimpatrio. Per questo stiamo mantenendo un occhio vigile su quanto accade in Albania».
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Il segretario esecutivo Chetwynd ha inoltre ricordato che il CPT ha pubblicato alla fine del 2023 un rapporto molto critico sui CPR italiani, osservando che «considerando che questo modello è stato in una certa misura esportato in Albania, credo sia chiaro quale sia la posizione del CPT anche senza avervi ancora effettuato una visita».
Torture e trattamenti disumani: i precedenti del CPT
Il Comitato per la prevenzione della tortura monitora da decenni i Paesi membri del Consiglio d’Europa per prevenire e documentare casi di tortura o trattamenti inumani e degradanti. In passato ha rivolto gravi critiche alle condizioni nei CPR italiani, segnalando episodi di isolamento forzato, carenze igienico-sanitarie, mancanza di supporto psicologico e uso sproporzionato della forza da parte degli agenti. Il CPT ha svolto anche missioni delicate in contesti critici come la Cecenia, la Turchia e la Grecia, dove ha documentato torture sistemiche, abusi su persone LGBT+ e violazioni dei diritti fondamentali dei migranti.
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