La violenza di genere delle nigeriane

La violenza di genere delle nigeriane

L’intervista al responsabile dei centri antiviolenza Lilith, Giovanni Russo

Le donne nigeriane si trovano a lasciare il proprio Paese perchè vittime di violenza di genere. Per raggiungere l’Italia diventano vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Questa la sintesi del rapporto “Mondi connessi. La migrazione femminile dalla Nigeria all’Italia e la sorte delle donne rimpatriate”. A realizzato la cooperativa BeFree e ActionAid.

Nella nota che accompagna il rapporto si legge che in questo modo «la violenze di genere è un vero e proprio fattore di espulsione che relega la donna ai margini della società nigeriana fino a costringerla alla partenza». Lo studio è basata sull’analisi di 60 verbali di audizioni di donne nigeriane. Queste donne sono state registrate come presunte vittime di tratta dalla Commissione territoriale di Roma, tra il 2016 e il 2017. Per loro è stato chiesto il riconoscimento della protezione internazionale.

Come sottolinea il responsabile dei centri antiviolenza Lilith, Giovanni Russo, tra le decine di milioni di migranti ci sono anche «numerose donne destinate inesorabilmente al mercato della prostituzione e, tra loro, le donne nigeriane. Sono oltre vent’anni che l’industria criminale opera tra la Nigeria e l’Italia sfruttando credenze religiose e culturali particolarmente radicate in Nigeria, in particolare sfruttano il “juju”: la maledizione». La credenza dice che è lo spirito del “juju” a costringere le donne, una volta in Europa, a prostituirsi.

Un fenomeno non semplice da capire per gli occidentali che potrebbe considerarlo banale. «Ma non è così e sono decine di migliaia le donne nigeriane ostaggio dei trafficanti per questa credenza. Basti pensare – ha affermato Giovanni Russo – che l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) negli ultimi tre anni ha registrato un aumento del 600 per cento nel numero di potenziali vittime dello sfruttamento sessuale che arrivano in Italia».

Oltre la violenza psicologica arriva anche lo sfruttamento sessuale. Un aspetto sul quale «ancora non siamo pronti, come Centri Antiviolenza, ad accogliere e accompagnare queste donne in percorsi di emancipazione. Vi è un fattore culturale – dice il responsabile dei centri antiviolenza Lilith – che non sempre possiamo comprendere e questo significa non poterle aiutare realmente, sebbene va detto che, come nel caso dei Centri Antiviolenza di Napoli, l’ottima collaborazione con altri progetti e professionalità specifiche ci permetterà di avere maggiori strumenti e capacità di intervento anche in questi casi».




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