La valorizzazione dei beni non è la vendita

La valorizzazione dei beni non è la vendita

Alle Regioni il compito quindi rendere il terreno fertile innanzitutto nel campo delle ristrutturazioni ovvero, dell’adeguamento degli immobili

Come abbiamo raccontato ieri, nel corso del primo Forum Espositivo dei Beni Confiscati in Campania che si è svolto l’1 e 2 aprile, diversi ospiti hanno avanzato la strana idea di poter vendere i beni. Un’apertura decisamente lontana dall’indirizzo dettato dalla legge 109/1996 che poneva e pone il riutilizzo sociale dei beni confiscati quale obiettivo principale di riscatto territoriale e di restituzione alla collettività degli stessi che attraverso la vendita di sicuro non è possibile perseguire, senza contare che mettere in vendita i beni significa esporli, nonostante tutte le cautele e le verifiche del caso, al rischio di ritorno in mani criminali. Se non altro perché poi non se ne controllerebbe più il futuro una volta alienati.

Di sicuro non si può ignorare la necessità di potenziare ulteriormente il sistema di recupero dei beni che, come mostrato in un’indagine condotta da Libera lo scorso anno dal titolo “Fattiperbene”, vede ancora non destinati dall’Agenzia Nazionale ai territori oltre il 50% dei 36.617 immobili confiscati (19.310 in gestione contro 17.307 destinati; Campania: 3665 in gestione contro 3010 destinati – dati OpenRegio). Esigenza alla quale va sommata quella del maggiore controllo relativo alle modalità di gestione che in più di un’occasione hanno rivelato zone d’ombra nelle quali si sono insinuate realtà che poco hanno a che vedere con i reali obiettivi di riutilizzo sociale o che addirittura vi hanno speculato sopra.

A fronte di tali dati quindi occorre lavorare innanzitutto sulla riduzione dei tempi di assegnazione la cui dilatazione tende storicamente a favorire episodi di vandalizzazione dei beni piuttosto che il loro naturale grave deterioramento, con costi di recupero che in questo caso andranno poi a gravare inevitabilmente sulle casse non proprio floride dei comuni o di eventuali altri enti assegnatari. 

Alle Regioni il compito quindi rendere il terreno fertile innanzitutto nel campo delle ristrutturazioni ovvero, dell’adeguamento degli immobili, così come tracciato dall’attuale legge regionale della Campania in materia di beni confiscati (LR 7/2012 così come aggiornata nel 2018, alla quale ho avuto modo di lavorare nel corso del mio mandato di consigliere regionale e segretario della 2a Commissione Speciale Anticamorra e beni confiscati – ndr), e poi sostenendo le pratiche di recupero sociale che proprio in Campania hanno scritto pagine importanti nel tema dell’antimafia dei fatti, del lavoro e dell’economia sana quali antidoti imprenscindibili al welfare camorristico.

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Se invece ad ogni discussione sul tema dei beni confiscati si insegue la possibilità di vendita al miglior offerente dei beni immobili di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento, introdotta nel 2018, attraverso l’approvazione Decreto legge 113/2018, denominato Decreto sicurezza, e la conseguente modifica dell’articolo 48 del Codice Antimafia che non poche polemiche suscitò già allora, di fatto si rischia di stravolgere radicalmente quel percorso virtuoso di recupero ai fini sociali costruito con tanta fatica da numerose realtà nazionali e campane fornendo ai comuni che si vedono assegnati i beni il comodo alibi per alienare gli immobili nella speranza di racimolare qualche euro da mettere in cassa, sacrificando la possibilità di restituzione alla collettività di esperienze invece fondamentali nel quadro di diverse carenze territoriali tra cui spicca proprio quella in termini socio assistenziali.

E in chiave prettamente campana giova segnalare l’iniziativa messa in campo dal Comitato don Peppe Diana che nei giorni scorsi ha tramesso alle commissioni regionali preposte un documento dal titolo “Decalogo per la valorizzazione sociale dei beni confiscati alla camorra” nel quale sono stati tracciati una serie di obiettivi strategici utili alla predisposizione del nuovo Piano Strategico per i Beni Confiscati e a rendere sempre più efficaci le buone pratiche di riutilizzo sociale presenti sul territorio.

@VinsViglione

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