Mafia, 4 Comuni sciolti in Campania

Mafia, 4 Comuni sciolti in Campania

L’intervista al consigliere regionale della Campania Vincenzo Viglione

Il rapporto di Avviso Pubblico presentato ieri evidenzia che nel 2018 sono state quattro le amministrazioni sciolte per infiltrazione camorristica in Campania. Oltre al 2017 (sempre 4 provvedimenti) sono più degli anni precedenti. Secondo lei è merito degli inquirenti o la camorra è tornata a mettere prepotentemente le mani sulla pubblica amministrazione?
«Agli inquirenti va il plauso per l’attenzione e l’azione costante nel reprimere i fenomeni di infiltrazione e condizionamento camorristico, ma il dato preoccupante non è il tornare a mettere le mani sulla pubblica amministrazione quanto il perdurare di un regime di condizionamento che nel tempo diventa sempre più subdolo e raffinato. Sappiamo benissimo che la rete delle infiltrazioni e dei condizionamenti oramai passa attraverso l’opera scientifica realizzata da una rete di professionisti e più in generale di cosiddetti colletti bianchi che in maniera sempre più diffusa e preoccupante decidono di vendersi alle logiche mafiose. E penso che sia esattamente questo il tema su cui occorre lavorare necessariamente assieme agli ordini professionali e alle associazioni di categoria per cercare di porre un argine forte in termini di prevenzione dei fenomeni in oggetto».

Dall’anno di entrata in vigore della legge sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazione mafiosa sono stati 108 i decreti che hanno colpito la Campania. Alcuni Comuni sono stati sciolti più volte come Arzano, Casal di Principe, Casapesenna. In alcuni casi anche con le stesse persone implicate. Come si spiega questo fenomeno?
«Questo è il tema che riguarda il rovescio della medaglia dell’infiltrazione. Perché se è vero che il mondo delle professioni fornisce ai clan strumenti sempre più sofisticati per ricattare la politica, è altrettanto vero che nel corso degli anni ci sono ampi settori della politica che non sono stati per niente capaci di sviluppare anticorpi adeguati a respingere tentativi di condizionamento da parte dei clan, troppo spesso andati a buon fine per le tasche dei camorristi, ma decisamente male per le sorti della cittadinanza. Oltre ai comuni citati basterebbe richiamare casi significativi come quello dell’ultimo scioglimento del comune di Casavatore che nel 2017 evidenziò come la camorra avesse condizionato le elezioni in maniera trasversale infiltrando e manovrando sia quella che sarebbe diventata poi maggioranza sia l’opposizione. Più volte in passato ho ipotizzato una sorta di Daspo per i politici coinvolti in vicende di questo genere per evitarne la ricomparsa sulla scena politica negli anni a seguire. E credo che vada fatta una riflessione di questo tipo, allargata alla rete criminale che in un modo o nell’altro riesce a trovare la famosa “testa di legno” di turno, se vogliamo dare una sterzata forte in questo senso».

Alla presentazione del rapporto il presidente della Commissione antimafia Nicola Morra ha sottolineato che la Commissione promuoverà la nascita di un comitato che si occupi delle problematiche delle infiltrazioni mafiose negli enti locali. Secondo lei può essere uno strumento utile allo sdradicamento del fenomeno?
«La proposta del presidente Morra a mio avviso è da condividere e rilanciare in maniera veloce. I rapporti dei cosiddetti “amministratori sotto tiro” degli ultimi anni presentano un conto decisamente preoccupante. E se invece di mettere tutti i temi legati all’infiltrazione mafiosa in un unico calderone, riusciamo sempre più a trattarli con focus specifici e approfonditi, allora credo che quell’ulteriore salto di qualità che da tempo aspettiamo nel già ottimo panorama di contrasto alla camorra e alle mafie è a portata di mano».

Ciro Oliviero



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