La lezione italiana dopo Chernobyl

La lezione italiana dopo Chernobyl

Quel disastro ha rappresentato il tradimento dell’uomo nei confronti della natura, dei suoi simili

26 aprile 1986, ore 1.23 del mattino. La storia è costellata di disastri ecologici. Di quasi nessuno di questi sappiamo esattamente quando ha avuto inizio, l’ora precisa, i personaggi che ne hanno preso parte. Non è così per il grande e tragico disastro ecologico di tutti i tempi: l’esplosione di uno dei reattori della centrale nucleare di Chernobyl. L’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare situata al nord della Bielorussia non ha rappresentato solo un “incidente”, come spesso molti lo hanno etichettato in tutti questi anni. Quel disastro ha rappresentato il tradimento dell’uomo nei confronti della natura, dei suoi simili. A Chernobyl l’uomo ha osato e ha perso.

Una catastrofe che si allargò a macchia d’olio e coinvolse tutto il pianeta. Prima la Bielorussia, poi dopo due giorni le radiazioni arrivarono in Svezia, poi in Polonia, Germania, Austria, Romania. Il terzo giorno toccarono la Svizzera e l’Italia settentrionale. Nei primi mesi di maggio le radiazioni toccarono il Belgio, la Francia, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna, la Grecia, ma anche Giappone, Israele, Turchia, Cina, India, Stati Uniti, fino a raggiungere il Canada il 6 maggio. Secondo il Chernobyl Forum le vittime furono almeno 4mila (la maggior parte per tumore o leucemie) mentre furono 600 mila i cittadini esposti alle radiazioni. La nube radioattiva spinta dai venti coprì una superficie di circa 200 mila chilometri quadrati.

L’incidente di Chernobyl ha ricoperto un ruolo fondamentale per la nascita di un vero e proprio ambientalismo nel nostro Paese. Nella manifestazione organizzata a Roma contro il nucleare il 10 maggio del 1986 arrivarono a Roma più di 150 mila persone. Come spiega l’allora presidente di Legambiente Ermete Realacci sulle pagine del libro di Stefania Divertito Chernobyl Italia – Segreti ed eroi: una storia ancora finita: «Optammo per una manifestazione nazionale. Se ci penso mi tremano ancora le gambe (…). Non avevamo soldi per organizzarla e ci affidammo ai circoli locali, e anche alla politica. Corremmo il rischio anche di organizzare una manifestazione senza slogan a parte lo striscione iniziale per il no al nucleare». Fu proprio in quei giorni, che segnarono la strada per il No al Referendum sul nucleare, che l’Italia scoprì di avere una coscienza ecologica e la voglia, oltre che la necessità, di tutelare l’ambiente e il proprio territorio.

La fuga delle radiazioni da Chernobyl non acuì soltanto il senso degli italiani nei confronti del proprio habitat. Quell’incidente sviluppò una delle più belle, sane e durature reti sociali e di accoglienza di cui il nostro Paese si è fatto carico. Decine di migliaia di bambini e bambine iniziarono il loro lungo viaggio in cerca di cure e sussistenza dalla Bielorussia in Italia. Col tempo sono nati numerosi comitati di accoglienza con famiglie adeguatamente formate a fornire l’aiuto migliore a questi bambini. In quegli anni l’Italia ha contribuito a scrivere una delle più belle pagine di solidarietà della storia. Il disastro di Chernobyl è stata forse una delle lezioni più grandi che si potesse insegnare all’umanità. Un disastro che ha avuto connotazioni multidisciplinari tra geopolitica, sociologia, psicologia, economia. Soprattutto, l’Italia ha insegnato al mondo cosa fosse la solidarietà.  

Roberto Malfatti

Redazione
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