Greenpeace contro gli allevamenti intensivi

Greenpeace contro gli allevamenti intensivi

I volontari hanno allestito dei punti informativi nei pressi del supermercato Carrefour in via Morghen a Napoli

Mostrare le conseguenze ambientali e sanitarie della zootecnia intensiva è senza dubbio impattante. Può essere la scintilla che fa scattare una scelta più consapevole nell’acquisto della carne. Per questi i volontari di Greenpeace Napoli hanno allestito dei punti informativi nei pressi del supermercato Carrefour in via Morghen. Scopo della mobilitazione è la richiesta di cambiare il sistema di produzione di cibo e abbandonare il sistema degli allevamenti intensivi. I volontari dell’associazione ambientalista hanno mostrato dei finti spot promozionali che invitano a scoprire le offerte sconvenienti» del sistema degli allevamenti intensivi.

Quella di Napoli è una tappa della lunga campagna di mobilitazione di Greenpeace Italia. La scorsa settimana gli attivisti hanno manifestato davanti al ministero delle Politiche agricole, riuscendo a strappare un incontro con il ministro Stefano Patuanelli, che si è mostrato favorevole al confronto sulle proposte dell’associazione per superare il problema posto dagli allevamenti intensivi italiani. Greenpeace chiede di investire fondi pubblici per accompagnare una transizione ecologica del settore. L’Italia dovrebbe adottare queste politiche agricole entro dicembre 2021. Contestualmente Greenpeace ha lanciato una petizione per chiedere la chiusura degli allevamenti intensivi.

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«La produzione intensiva di carne è uno dei principali motori di deforestazione e perdita di biodiversità, due importanti fattori di rischio per il verificarsi di epidemie, perché possono favorire nuovi salti di specie (spillover) di virus e batteri dagli animali agli esseri umani. Negli allevamenti intensivi, inoltre, tanti animali sono costretti a vivere in spazi ristretti: un ambiente ideale per il proliferare di agenti patogeni come i coronavirus e i virus dell’influenza. Anche se non compare in etichetta, il rischio di nuove epidemie è un prezzo troppo alto da pagare per continuare a produrre sempre più carne a basso costo», ha dichiarato la referente della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, Simona Savini.

@dalsociale24

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