Daniel, il rifugiato dj radiofonico

Daniel, il rifugiato dj radiofonico

Ospite del progetto Sprar/Siproimi di Ottati, in provincia di Salerno

Daniel è nigeriamo. E’ arrivato in Italia ad agosto di tre anni fa. La sua compagna, Blessing, era arrivata un mese prima. Poco dopo hanno avuto una figlia, Daniela, che oggi ha due anni e mezzo. Ora vivono ad Ottati, in provincia di Salerno. Daniel ha la passione per la musica. La coltiva facendo il dj a Pot Radio, un’emittente gestita dall’associazione Radici e cultura a Corleto Monforte. «Passo musica afro bit. Metto i dischi anche alle feste italiane dove passo musica techno house, raggae», racconta Daniel.

Questa sua passione non gli permette di poter dare da vivere alla sua famiglia. E lui ne è consapevole. Ripara hardware e software. E lavora come muratore. Per ora in prova. Attende di ricevere un contratto a tempo indeterminato. Questo gli permetterà di avere una stabilità per quando, entro fine luglio, con la sua famiglia uscirà dal percorso di accoglienza diffusa. «Se trovo di meglio fuori da Ottati vado via, anche se mi piacerebbe restare», afferma Daniel.

Il nucleo familiare è ospite del progetto Sprar/Siproimi di Ottati, gestito dal consorzio La Rada. Il progetto, avviato nell’agosto 2017, ospita 15 persone, tra le quali 10 bambini dai sei mesi ai 6 anni. «Un nucleo familiare ghanese che ha terminato il percorso ha deciso di restare ad Ottati, per mettere radici nella comunità che lo ha accolto», racconta la coordinatrice dello Sprar, Claudia Mitidieri.

Per gli ospiti dello Sprar viene studiato un progetto individuale in base alle esperienze, alle attitudini, al livello di scolarizzazione. Per alcuni sono stati riconvertiti le qualifiche o i titoli di studio acquisiti nei Paesi di origine. «Più difficile riuscire con la patente di guida. Per ora solo per un marocchino è stato possibile. Questo però – sottolinea la Mitidieri – li vincola al paese, in quanto il trasporto pubblico locale non permette spostamenti agilmente».

La coordinatrice del progetto racconta di essersi sentita «molto soddisfatta quando una donna marocchina che era analfabeta ha prima conseguito l’attestato del corso di italiano e poi di licenza media. Con questo risultato si può costruire anche per lei un percorso di formazione professionale. Il tempo trascorso nello Sprar, per chi ne coglie le opportunità, è una fase in cui si può costruire un pezzo di percorso che servirà per costruire la vita fuori dal sistema di accoglienza».

Dal racconto di Claudia Mitidieri emerge che Ad Ottati è necessario potenziare i servizi per permettere una maggiore autonomia. «I beneficiari sono integrati in questa comunità. Vogliono restare. E creano anche un indotto. Basti pensare che l’asilo nido è stato riaperto con il loro arrivo e che è stata formata una seconda classe delle scuole primarie. Manca – sottolinea la Mitidieri – un sistema territorio. Si potrebbe costituire una cooperativa di servizi con l’ente locale che si occupi di inserimento lavorativo».

Ciro Oliviero

Redazione
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