Covid: colpo all’occupazione femminile

Covid: colpo all’occupazione femminile

Su 101mila lavoratori che hanno perso il lavoro a dicembre ben 99mila sono donne

Il nostro Paese sta affrontando uno dei periodi più difficili dal dopoguerra a causa del coronavirus, un’emergenza sanitaria inaspettata, drammatica per il numero di vittime, alla quale segue e seguirà purtroppo un periodo di forte recessione più o meno prolungato. In questo scenario è l’occupazione femminile ad aver subito un grave colpo di spugna. Secondo il rapporto Swimez il lockdown di primavera ha cancellato quasi l’80 per cento dell’occupazione femminile costruita negli ultimi dieci anni.

Dopo una tenera ripresa estiva, i dati Istat di dicembre evidenziano come l’occupazione femminile sia tornata diminuire. A pagare il prezzo della pandemia a livello lavorativo, sono soprattutto le donne, in particolare le lavoratrici autonome e le precarie. Questo perché, probabilmente, le donne sono impiegate più degli uomini in lavori precari, famigliari o per i quali è più facile licenziare. Come, per esempio, i lavori domestici, o le professioni come badanti o baby sitter (altro settore che è crollato a causa dello smart working). Nonostante il blocco dei licenziamenti attivo fino a fine marzo, su 101mila lavoratori che hanno perso il lavoro a dicembre (-0,4% rispetto a novembre), ben 99mila sono donne e solo 2mila sono uomini.

Per capire perché questa recessione, al contrario della grande crisi del 2008, colpisce di più le donne bisogna guardare, come allora, alla composizione strutturale dell’occupazione. La crisi che partì dai subprime colpì settori a prevalente occupazione maschile: la finanza, l’immobiliare, l’edilizia, e poi l’industria manifatturiera. Questa colpisce soprattutto il terziario, e al suo interno i comparti dove più spesso sono impiegate le donne: il turismo, la ristorazione, il commercio al dettaglio, il lavoro domestico.  Ma c’è anche un altro aspetto, e riguarda la forma contrattuale. Mentre il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione hanno salvaguardato, per ora, il lavoro regolare a tempo indeterminato, sono stati tagliati i posti di lavoro di tutte le altre tipologie: quelli a termine che non sono stati rinnovati, i collaboratori e le molteplici forme del lavoro non-standard, fino al nero. Sempre secondo i dati Istat, il tasso di occupazione delle donne giovani, tra i 15 e i 34 anni, è sceso di 4,3 punti percentuali: in quella fascia di età è adesso occupata meno di una donna su 3 (e questo tasso è calcolato sulle giovani donne che non stanno studiando, e che cercano lavoro). 

Un’altra causa di quanto sopra riguarda il peso del lavoro di cura dei figli, delle persone anziane non autosufficienti e delle persone con gravi disabilità, che grava sulle spalle delle donne e che è assolutamente sproporzionato fra i generi. Il 65 per cento delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, non sono disponibili a lavorare per motivi legati alla maternità e al lavoro di cura. L’impatto di genere della crisi è misconosciuto dalle politiche finora messe in campo per affrontarla. La pandemia sta inasprendo disuguaglianze preesistenti e rischia di vanificare, almeno in parte, i passi avanti degli ultimi decenni sul fronte della parità di genere.

C’è bisogno di un intervento ad ampio spettro sul fronte delle politiche familiari: sostegno al costo dei figli, sviluppo dei servizi sociali e educativi per la prima infanzia, alleggerimento del carico di lavoro familiare per le donne, strumenti di conciliazione dei tempi di vita e un maggiore coinvolgimento dei padri nella vita familiare. Ribadiamo la necessità di interventi urgenti quali la proroga del divieto di licenziamento e della cassa integrazione Covid, la riproposizione delle indennità che sono state ingiustificatamente interrotte dal decreto Agosto in poi, vanno messe in campo indennità per lavoratori con co.co.co. e partita Iva. Non di minore importanza la proroga della deroga al decreto dignità per consentire assunzioni e riassunzioni a termine.

Il Recovery plan in questa situazione drammatica è una occasione da non perdere per cominciare ad aggredire le profonde diseguaglianze di genere che attraversano il nostro Paese, a partire dal mercato del lavoro. Interventi efficaci per promuovere l’occupazione femminile e giovanile ed aumentare le tutele, potenziando ed ampliando gli ammortizzatori sociali. Politiche attive che favoriscano competenze, occupabilità e ri-occupabilità delle persone. È importante agire in fretta, anche nell’ottica delle politiche rivolte appunto alla Next Generation. Tra le giovani donne è molto più diffuso il fenomeno dei Neet, i giovani fra i 15 e i 34 anni che non hanno un lavoro e non sono impegnati in corsi di studio e formazione. E qui il divario di genere è di circa 7 punti percentuali. 

Da non sottovalutare infine, quanto evidenziato da Banca Italia secondo la quale se la percentuale di donne al lavoro arrivasse al 60 per cento il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali. Se cresce l’occupazione femminile, diminuisce la povertà e si attenuano le disuguaglianze sociali.  

@MComberiati
segretaria Cisl Napoli

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